Peppino De Filippo e Totò in “La banda degli onesti” di Camillo Mastrocinque (1956)

Da Cafè Express a Mediterraneo, dalla banda degli onesti a No grazie il caffè mi rende nervoso fino a Divorzio all’italiana, tanti i film italiani che hanno la tazzina come protagonista

Ciak, si beve. Caffè. Espresso, con la moka, con la napoletana, americano (molto americano). Tra cinema e caffè c’è un rapporto molto solido. Nella storia del cinema ci sono più tazze che bicchieri di whisky on the rocks o Martini. Non siamo i primi e non saremo gli ultimi a raccontare quante volte la bevanda a cui questo sito è consacrato abbia fatto capolino sul grande schermo, ma questo non ci ha trattenuto dal fare un giro di orizzonte che immaginiamo definitivo (si scherza ma nemmeno tanto).

Essendo tanti i titoli, abbiamo deciso di dviderli in due puntate, una dedicata al cinema italiano e l’altra a quello del resto del mondo.

Partiamo da noi.

Intanto ci sono i film in cui il caffè compare nel titolo. Anche quando si tratta soltanto di un pretesto. Come in No grazie, il caffè mi rende nervoso, scombinato noir napoletano diretto da Lodovico Gasparini nel 1982 e interpretato da Lello Arena, con un corposo cammeo di Massimo Troisi, in una delle interpretazioni meno memorabili della sua breve carriera. O come in Venga a prendere un caffè da noi di Alberto Lattuada (1970), melodramma borghese con un Ugo Tognazzi in grande spolvero. C’è anche Cafè Express di Nanni Loy (1980) ma in questo caso il riferimento è congruo, visto che si tratta della storia di un povero cristo (interpretato da Nino Manfredi), che sbarca il lunario vendendo abusivamente caffè fatto in casa su un treno di poveracci.

Il cinema italiano è pieno dell’aroma di caffè. C’è quello della napoletana di Eduardo De Filippo nella famosa scena del balconcino della commedia Questi fantasmi, da cui Renato Castellani nel 1957 trasse un film interpretato da Vittorio Gassman e Sophia Loren, in cui il protagonista – che abita gratuitamente una casa di cui si dice che sia abitata dagli spettri, deve in cambio farsi vedere spesso dai vicini – dialoga con un fantomatico dirimpettaio raccontando i segreti del caffè di cui si occupa personalmente.

C’è l’espresso del bancone di un anonimo bar de La banda degli onesti di Camillo Mastrocinque (1956), nel quale Totò cerca di convincere un perplesso Peppino De Filippo a stampare soldi finti e per dare una giustificazione sociale alla truffa usa la zuccheriera come metafora di un capitale che finisce sempre nella tazzina dei ricchi e degli approfittatori e mai in quella della brava gente. Così Peppino finisce per bersi il caffè amaro. Scena imperdibile.

C’è il pigro caffè di Mediterraneo, film del 1990 che valse l’Oscar a Gabriele Salvatores, in cui Claudio Bisio e Diego Abatantuono, soldati italiani confinati in un’isola greca, litigano sul caffè alla turca con il deposito, con Bisio schifato e Abatantuono che lo invita ad aspettare, il primo organolettico (e arrabbiato), il secondo filosofico.

C’è il caffè drammaturgico di Divorzio all’italiana di Pietro Germi (1961), in cui il rituale con cui Rosalia (Daniela Rocca) serve ogni giorno il caffè all’annoiato marito Ferdinando (Marcello Mastroianni) serve a delineare il carattere dei protagonisti aprendo la strada al tentativo di lui di liberarsi di lei per stare con l’amante Angela (Stefania Sandrelli).

Dall’alto in basso, la scena del caffè alla greca di “Mediterraneo” di Gabriele Salvatores (1990), Marcello Mastroianni in “Divorzio all’italiana” di Pietro Germi (1961) e Ugo Tognazzi in “venga a prendere il caffè da noi di Alberto Lattuada (1970)

C’è il caffè di Vieni avanti cretino, dimenticabilissimo film del 1982 di Luciano Salce, sfilacciato in una serie di sketch interpretati da Lino Banfi. In uno di essi l’attore pugliese si trova a fare il barista che cerca di accontentare due amanti in una raffica di equivoci non troppo esilaranti.

E poi ancora Troisi, che nel 1991 in Pensavo fosse amore… invece era un calesse (1991) beve un caffè con dentro del veleno per topi, offerto dalla giovane sorella del suo più caro amico, di lui innamorata.

Andrea Cuomo

Giornalista

Inviato del Giornale e collaboratore di diversi periodici nel settore wine&food