La multinazionale della sirena starebbe finalmente per allargare la sua presenza italiana oltre Milano. Occupando i locali (sfitti da cinque anni) dello storico negozio di testi scolastici Maraldi

Una caffetteria dentro una vecchia libreria in fondo non è questa profanazione. Il legame con la letteratura in fondo fa parte della storia del caffè e dei caffè, partendo da Istanbul (anzi da Costantinopoli) e arrivando a noi dopo essere passati per Parigi, Vienna, Londra. Ma tutto questo assume un altro significato se la caffetteria è Starbucks.
Siamo a Roma. Dove la catena americana della sirena verde da tempo vuole aprire il suo primo store dopo lo storico (e faticoso) sbarco in Italia, che per il momento ha voluto dire essenzialmente Milano e al massimo l’aeroporto di Malpensa, che amministrativamente è in provincia di Varese ma del capoluogo meneghino è di fatto una dependance. Naturalmente Milano è bella e importante, ma stare in Italia senza essere nella capitale vuol dire starci a metà. Per questo da tempo sono in corso trattative tra Seattle e Roma, passando per la Bergamasca, dove ha sede la società di Antonio Percassi, l’imprenditore che di Starbucks è licenziatario unico per il nostro Paese.

Quindi, il luogo per il primo Starbucks romano è stato scelto. Si tratta dei locali della storica libreria Maraldi, specializzata in testi scolastici e universitari, che negli anni Settanta e Ottanta era un luogo di pellegrinaggio per chiunque avesse bisogno di un vocabolario di greco o di un libro di testo. Poi l’avvento di Amazon ha fatto crollare le vendite e il negozio ha chiuso i battenti un lustro fa. Su quei locali da tempo abbandonati  hanno messo gli occhi i manager di Seattle e Percassi, anche perché la posizione è strategica: nove vetrine di angolo nel rione Prati, tra i Bastioni di Michelangelo e piazza Risorgimento, proprio davanti alle Mura Vaticane i cui marciapiedi tutti i giorni da mattina a sera sono affollati di turisti in fila per entrare ai vicini Musei Vaticani. Qualcuno ha anche imbastito una polemicuccia di retroguardia circa l’opportunità di sostituire i nobili libri con i vili bicchieroni di cartone ma è stato prontamente rimbeccato da chi fa notare che piuttosto di avere nove vetrine tristemente chiuse in un luogo tanto bello ben venga anche una multinazionale.

Le serrande abbassate della storica libreria Maraldi, che dovrebbe ospitale la caffetteria americana. In basso le file per i Musei Vaticani, dall’altra parte della strada rispetto all’ex libreria

Come informa la stampa locale in realtà il contratto non è stato ancora firmato e quindi lo sbarco vaticano della sirena è ancora tutto da verificare. Altre location sarebbero in ballo, ma certo difficile trovare un altro luogo così in vista, così simbolico, così turistico. Per cui la cosa sembra quasi fatta. Da Seattle si dicono certi di aprire nella seconda metà del 2020 ma è legittimo avere qualche dubbio visto che siamo ancora, come si dice a Roma, “a carissimo amico”, ovvero all’inizio del percorso. Intanto l’azienda si è messa avanti con il lavoro iniziando le selezioni per le figure apicali di store manager e di assistant store manager. E ha già trovato un nome al locale: si chiamerà Core. Sì, come come nucleo in inglese. Ma anche come Core de Roma.

 

Quello che fa riflettere è il fatto che ogni nuova apertura italiana della multinazionale del caffè mainstream sembra destinata a diventare un’epopea, ricordando anche le lungaggini, i ritardi e le attese dell’opening di Cordusio a Milano nel settembre 2018. Uno strano destino per un’azienda monstre che nel mondo vanta circa 28.700 locali, il che vuol dire che essendo stato inaugurato il primo il 31 marzo 1971 ed essendo passati da allora meno di 18mila giorni ha aperto circa un locale e mezzo al giorno presumibilmente non con le stesse difficoltà e le stesse polemiche suscitate in Italia. Colpa dell’ostilità scaturita dalla nostra potente tradizione caffeinica? Oppure più semplicisticamente colpa della nostra burocrazia? Chissà. Ma sarà divertente vedere tra qualche mese se alle file per vedere la Cappella Sistina faranno da specchio dall’altro lato della strada quelle per scannucciarsi un frappuccino. Sacro e profano, come a Roma accade da millenni.

Andrea Cuomo

Giornalista

Inviato del Giornale e collaboratore di diversi periodici nel settore wine&food