La crisi cinese con conseguenti chiusure di caffetterie e calo dei consumi ha portato a un ulteriore abbassamento dei prezzi all’origine dell’”umile” chicco di Coffea.

tUmile, troppo umile. Sembra non ci sia pace per il caffè. Una dei prodotti più ricercati – che solo negli ultimi vent’anni ha aumentato la produzione mondiale del 60 per cento – soffre da tempo per i prezzi troppo bassi al mercato di futures, con conseguenza disastrose per i coltivatori. Sembra anzi che qualsiasi cosa accada, il caffè soffre, comunque.

Non fa eccezione la attuale epidemia di Covid-19: secondo il Financial Times tra le prime vittime dei mercati c’è proprio “l’umile chicco di caffè”, con l’indice di riferimento per i futures sul caffè che dall’inizio dell’anno è crollato di un quinto. Più del petrolio e del rame.

Il motivo sarebbe appunto lo stop in Cina, tra gli ultimi Paesi entrati nell’arena caffeicola ma che con tutto il suo peso, guidato dalla nuova classe media. Oggi consuma il 2 per cento mondiale, ma negli ultimi dieci anni ha triplicato le importazioni.

Intanto Starbucks, che a gennaio aveva chiuso metà dei suoi oltre 4300 punti vendita cinesi, ha annunciato la riapertura dell’85 per cento di questi, compresa la prestigiosa Reserve Roastery di Shanghai, la seconda ad aprire, prima di Milano e dopo la città madre Seattle.

L’annuncio è stato dato in una lettera inviata dal Ceo Kevin Johnson ai partner cinesi e pubblicata sul sito della compagnia della sirenetta, nella quale Johnson tra l’altro scrive che, in quanto compagnia globale “ stiamo lavorando a stretto contatto con i leader regionali di Starbucks per condividere le linee guida di intervento e ciò che abbiamo appreso dalla Cina qualora fossero necessari. Siamo vicini alla situazione in ogni singolo mercato attraverso collegamenti con le autorità sanitarie locali e siamo pronti a intraprendere qualsiasi azione necessaria, mercato per mercato, per garantire la salute e il benessere dei nostri partner e clienti”. A Milano per ora tutto come sempre, ma domani chissà.

L’esortazione dei partner cinesi in questo frangente pare sia stata “Siamo forti come il caffè”. Noi diamo per scontato che la pianta di Coffea sopravviverà al virus, mentre non è certa la sostenibilità di questa continua corsa al ribasso dei prezzi della materia prima.

Anna Muzio

Giornalista

Da vent’anni scrivo nell’incrocio tra turismo, food e attualità per testate di settore e non.

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