Il titolare della micro-roastery milanese ci spiega come funziona la filiera del caffè nel Paese maggior produttore mondiale e come proporre lo specialty con stile (e contenuti)

Dici Brasile e pensi al caffè. O magari no, non è la prima cosa che viene in mente, dipende dai gusti e dalle inclinazioni, però è tra le prime cui si dovrebbe pensare. Perché il grande Paese sudamericano è da più di un secolo saldamente in testa come primo produttore mondiale. E mica di poco. Un terzo della produzione mondiale, con grandi differenze da un anno all’altro. Dovute ad eventi climatici più o meno avversi e malattie (come la famosa “ruggine”). Ma non solo.

Ne chiacchieriamo con Carlos Bitencourt una mattina nella sua caffetteria specialty milanese nella centralissima via Solferino, Cafezal, aperta nel 2018. Carlos – dal nome un po’ si capisce, e l’accento morbido lo tradisce nonostante il perfetto italiano – è brasiliano, di Porto Alegre. L’aroma inconfondibile della tostatura avvolge il locale, che è anche micro-roastery.

La prima volta lo intervistai a poche settimane dall’apertura e mi disse che lui, ingegnere e consulente aziendale, aveva scoperto la Third Wave a Londra dove lavorava e aveva ritenuto che fosse il momento di portarla in Italia. Così è nata Cafezal [si pronuncia più o meno “cafesao”, ndr] in portoghese vuol dire piantagione.

Dall’alto: la macchina tostatrice di Cafezal in azione, Carlos Bitencourt con e senza mascherina, uno scorcio della micro-roastery milanese. In apertura Carlos e i baristi Andrea e Luciano in visita a una piantagione brasiliana: qui si applica il direct trade.

Ci racconti come sta andando in Brasile il mercato del caffè?

Ci sono grandi differenze nei volumi di produzione tra un anno e l’altro. Il motivo è semplice: puoi raccogliere tanti frutti dalla pianta solo una volta ogni due anni, è il suo ciclo. In Ethiopia o a Panama si fanno vari raccolti l’anno, in Brasile solo uno. Dipende dal Paese, dal microclima, dalla geografia. Per questo in Brasile hai un anno forte e uno debole, è sempre così. Normalmente gli anni dispari sono deboli e i pari forti. È una particolarità. Poi ci sono i produttori che utilizzano un anno debole per fare un raccolto forte, ma di fatto sono più o meno tutti allineati perché l’industria lavora così. Il 2019 ad esempio è stato un anno molto debole perché era già dispari e ci sono stati grossi problemi per il congelamento delle piante, che ha fatto perdere produttività. Invece il 2020 è già un anno forte. Il tema adesso è la Covid. Il problema sarà a chi vendere tutto questo caffè.

Per la raccolta non ci sono problemi?

Meno ma capiremo meglio a luglio e agosto, i mesi di raccolta. Credo che il prezzo del caffè si abbasserà.

Ancora?

È l’anno forte del caffè in Brasile, secondo me la raccolta sarà ottima qualitativamente, mentre la domanda di caffè sarà minore rispetto all’anno scorso per la sofferenza del fuori casa, quindi quando tu hai un po’ meno domanda e grandi volumi dal Brasile, che produce il 36% del caffè al mondo: credo che i prezzi scenderanno. Poi il real ha avuto una svalutazione pazzesca rispetto all’anno scorso e quindi euro e dollaro sono al momento molto forti.

Si dice che i prezzi sono così bassi per i coltivatori che conviene loro passare ad altre produzioni

La produzione secondo me non diminuirà in Brasile, quando ci vado e parlo con i coltivatori mi accorgo che è un prodotto su cui si sta puntando. Il Centro America invece è stato un po’ schiacciato dai grandi produttori, Brasile, Vietnam, Indonesia.

Qual è la zona del Brasile più colpita dalla Covid?

San Paolo e Manaus, la capitale della regione dell’Amazzonia. Lì c’è un distretto per la produzione di grandi bianchi, una sorta di città nata per produrre beni industriali frequentata da tanti dirigenti stranieri, anche cinesi. È in mezzo al nulla ma è molto industriale, quindi credo sia quello il motivo.

Venendo a Cafezal Milano come sta andando?

La situazione è ancora critica, secondo me riprenderemo da settembre – ottobre ma non come prima. Stiamo puntando sull’e-commerce e la torrefazione perché la caffetteria è molto bassa. Siamo molto attivi online, abbiamo puntato su Instagram, io ho sempre visto Cafezal come un luogo lifestyle, l’idea è di andare su questi canali. Anche per questo ho preso la nuova macchina per espresso, una Vittoria Arduino Eagle 1. Tra poco mi arriverà l’app con le curve di estrazione della macchina, la mia idea è di mettere uno schermo e mostrare le curve, Federico [uno dei baristi di Cafezal, ndr] ti chiederà: “hai scelto l’Ipanema [Red Catucaì brasiliano, ndr], vuoi l’estrazione più dolce e morbida o più intensa e acida”? e ti farà vedere la curva di estrazione della macchine o sullo schermo o su iPad. Diventa molto tecnico, lo proporremo ovviamente alle persone predisposte a recepire, chi non è interessato e vuole solo un caffè glie lo si da e via.

Il futuro del caffè – sebbene incerto – noi lo vediamo andare nella direzione di Carlos. O comunque è questa la direzione dove vogliamo andare noi.

Anna Muzio

Giornalista

Da vent’anni scrivo di turismo, food, tecnologie e attualità

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