Lo chef della trattoria milanese più “figa” ci racconta il rapporto con la nostra bevanda: “La amo come momento di pausa ma nella mia cucina la uso poco”

“Ci vorrebbe un Trippa anche per il caffè”. Parola di Diego Rossi, chef veronese che nel locale milanese in zona Porta Romana dedicato a uno dei più noti ingredienti del quinto quarto in poco più di quattro anni dall’apertura ha rivoluzionato il concetto di trattoria contemporanea, unendo l’alto e il basso,  la cultura al divertimento, la ricerca al piacere. Con lui parliamo di caffè nel suo locale, continuamente interrotti da richieste di selfie, da pacche su vari tipi di spalle, da “ciao zio” e “ciao vecio”, da richieste di dediche sulla copia appena acquistata del libro appena uscito scritto da Diego con la giornalista Barbara Giglioli, “Finché c’è Trippa…”, nel quale Rossi propone un viaggio colto e appassionato nella cucina italiana delle interiora.

Diego, qual è il tuo rapporto con il caffè?

“Ultimamente mi sono appassionato molto, è un momento per me che mi piace prendermi ogni tanto, per assaporare questa bevanda, che non deve per forza essere buttata giù come un “tossego””.

Quali sono gli aspetti del caffè che più ti interessano?

“Mi interessano i profumi, le acidità del caffè e quindi me lo gusto, come fosse una ciliegina, una caramella. Poi certo lo utilizzo anche per avere energia, una botta di adrenalina. Insomma, quel consumo medicinale che io non ho mai avuto, se non quando ero giovane, lavoravo al ristorante, avevo la macchina lì e me ne facevo anche sei al giorno. Di solito bevo espresso, preferibilmente specialty, qui a Milano vado da Orso Nero, e nonostante l’espresso sia veloce da bere, cerco di godermelo al massimo”.

Che uso fai nella tua cucina del caffè?

“Guarda ultimamente lo sto usando poco. Lo uso su alcune carni, sugli stufati. Oppure su piatti creativi perché nei piatti della nostra tradizione il caffè non c’è, a parte in alcuni dolci come il Tiramisù. Faccio Lumache, nocciole e caffè, oppure gli Spaghetti tonno caffè e basilico. Del caffè mi piace la tostatura, che si accosta bene alla frutta secca, e la terrosità che richiamano i tuberi, i topinambur. Ma c’è anche un discorso di contrasti, che rende il caffè molto adatto a contrastare certe freschezze come quella del basilico”.

Quindi lo usi in polvere. E come bevanda?

“Sì, lo uso in polvere e appena macinato, non come bevanda. Perché il caffè come la birra, il salame, la grappa, è un prodotto già pronto, buono così che non ha senso rovinare trattandolo in altro modo”.

Che caffè offri ai tuoi clienti?

“In realtà il caffè non fa bene a fine pasto perché è un grande irritante. Ma se devo consigliarlo propongo un espresso, perché un’estrazione filtro la considero più adatta a un momento di relax pomeridiano, come fosse un tè. Noi usiamo non una macchina dell’espresso ma LA macchina, ovvero La Marzocco. Prediligo l’Arabica perché contiene delle acidità che la rendono più interessante, mentre la Robusta raramente viene realizzata come si deve, quando accade è una anomalia. Io penso che se vieni qui e mangi quello che dico io, bevi quello che voglio io e se potessi essere io in sala al momento del caffè riuscirei a convincerti a bere anche il caffè che dico io. Ma siccome in sala non ci sono io ho dovuto scegliere un blend adatto a tutti i palati. Si tratta di una scelta imprenditoriale, che non è tanto da me che sono un estremista moderato”.

Che cosa pensi della scena italiana del caffè?

“Purtroppo devo dire che in Italia sul caffè siamo diventati un po’ superficiali, diamo tutto per scontato e gli altri Paesi ci stanno mangiando in testa. Sono stato a Madrid in uno specialty coffee e una cliente italiana è andata via sbattendo la tazzina perché sosteneva che quel caffè fosse una merda. Ma in realtà è quello che beviamo ogni giorno a essere una merda. Vogliamo fare i maestri senza sapere nulla. E poi c’è un problema di prezzo: il caffè costa troppo poco”.

 

 

Diego Rossi ci ha regalato per il libro Mondo Caffè una ricetta che ha tra gli ingredienti l’oro nero che preferiamo: Lumache, puré alle nocciole e caffè.

 

 

Andrea Cuomo

Giornalista

Inviato del Giornale e collaboratore di diversi periodici nel settore wine&food